giovedì 25 gennaio 2007

J'accuse

Sono noioso. E parlo troppo. Troppo e troppo a sproposito. Non riesco a trattenermi dal dire una cosa anche quando non dovrei.
Dunque parlo troppo e male.
È grave: parlare troppo significa ignorare il proprio interlocutore, significa ridurlo ad un orecchio. Significa aggredirlo, dirgli implicitamente: “Ehi, se vuoi dire qualcosa dillo. Ma per riuscirci devi uccidermi.”
Quando ci ripenso mi sento brutto. Ho mancato di rispetto ad una persona. Che magari aveva qualcosa da dirmi. Qualcosa di importante o di prezioso o in grado di arricchirmi.
Invece io con le mie parole torrenziali violento il silenzio, violento l’ascolto, violento me stesso.
Accidenti.
E poi non voglio pontificare, non ho niente da insegnare a nessuno io! Ho un quintale di difetti uno peggio dell’altro… che debbo pontificare?
Illusione assurda di arricchire una persona che invece camperebbe anche meglio senza le mie parole.
Un tempo ero più bravo ad ascoltare. Ascoltavo tutto: le persone, il vento, il telefono. Ascoltavo persino i film. Ora invece vivo ostaggio di questa stupida ansia di comunicare che mi allontana dagli altri e da me stesso.
E che mi fa sentire brutto.

Appunto per il giorno dopo: Ascolto & Silenzio.
Ricostruiamo dall’onestà.

lunedì 15 gennaio 2007

Sorellina


Le suorine sono divertenti, in linea di massima più dei giapponesi. Quando le guido all’interno del monastero sembrano un disegno di Peynet: eccitate come bambine al primo giorno di scuola sorridono tanto e svolazzano in continuazione da una consorella all’altra.
Ogni tanto una le richiama all’ordine.
Quelle di stamani non erano tutte suore, a dispetto dal velo bianco che confezionava tutti i loro occhi sorridenti. Grossomodo la metà di loro doveva ancora prendere i voti. A farci caso si riusciva a intravedere nell’assenza di qualche sorriso la mancanza di quella serena accettazione che sfoggiano le consorelle con maggior esperienza.
Venivano da Roma queste sorelline. Venivano dalla capitale per stupirsi di ogni cosa su cui posavano gli occhi: montagne, affreschi, santi e altari. Si cercavano con gli occhi e si inseguivano con i sandali.
Al termine della visita ovviamente le sorelline non mi hanno lasciato moneta. Dopo avermi salutato con qualche benedizione light mi hanno dato un santino di San Vermiglio, che ho opportunamente introdotto nella tasca del cappotto, accanto alle benedizioni.
L’ultima suorina non mi ha benedetto e non mi ha dato santini. Ha firmato il libro dei visitatori prima di raggiungere il gruppo che l’aspettava fuori e passandomi davanti mi ha solo detto: “buongiorno”.

Sul libro delle firme, in data odierna, sotto un elenco di nomi che iniziano per “suor”, c’è n’è uno di donna.
Silvia Raimondi.
L’aspirante sorellina ha firmato con il suo nome di battesimo e una frase di fianco, in cui si intravede la fretta. O la paura.
“Pray for me”.

Arrivederci sorellina, pregherò per te.
Lo sto facendo proprio ora.

martedì 2 gennaio 2007

Before The Sunrise

Solo se trovi la pace dentro te stesso troverai il vero legame con gli altri.
Lo dice la zingara alla giovane Celine durante la splendida notte viennese del 15 giugno.
Lo dice la zingara anche a me in un momento di acuta confusione.
La riporto per tutti i naviganti in cerca di rotte.