sabato 31 marzo 2007

Quanti ne occorrono ?


Scadono i punti del latte, sta arrivando la primavera. Mia madre vuole sapere cosa prendere: con 100 punti si possono prendere i piatti, ma non entrano in lavastoviglie. Con 380 punti si prende il barbecue elettrico. Ma dove la trovo una presa in un bosco? Ci vogliono 1.000 punti per ottenere una macchina da caffè espresso. Ma io sono per la moka.

A 15.000 punti c’è un barile di serenità, che può essere recapitata a casa previa raccomandata. Non ho abbastanza punti, accidenti. 12.500 punti ci sarebbe un abbraccio di lei, ma chiaramente solo l’immagine. Palliativo di serenità, non vale tutti quei punti. A quel punto potrei prendere per 10.000 punti i suoi occhi, il loro colore da portarsi sempre dietro, in viaggio o in caso di necessità. Ma no, non sono affatto convinto.

8.000 punti. Interessante. Per ottomila punti mi danno il suo profumo. Leggero nell’aria primaverile, che si confonde con le giunchiglie e la mimosa. Ma ho già le giunchiglie nel vaso e la mimosa in fiore, perché dar via tutti questi punti?
Con 500 punti l’abbonamento a sogni ad occhi aperti. Bastano pochi punti perché bisogna esser bravi, avere una certa dimistichezza con la materia. Certo potrei… ma si, potrei riprovare, pian piano. Costruirmi una piccola casetta sull’albero dell’anima. Un rifugio accogliente da raggiungere in caso di pioggia persistente o di malinconiche attese. In caso di muri che non vogliono cedere…

Si, ho deciso.

mercoledì 21 marzo 2007

Storie d'amore e di sigarette

L’Amore è il danzare grottesco di un uomo sgraziato e impacciato.
Un sentimento così inafferrabile che l'umanità dinanzi ad esso non può che arrangiarsi, come un ballerino improvvisato chiamato ad interpretare una coreografia che ignora... tutti personaggi riuniti in un girotondo folle e scanzonato, drammaticamente appassionato.
Tremendamente umano.

In sostanza, se vi capita guardatevi Romance&Cigarettes, di John Turturro.

Sono curioso di sapere se sono l’unico scemo che si commuove al termine di questo commedrammusical…

giovedì 15 marzo 2007

Passion


Giorni in cui il dolore è stato forte, giorni di spasmodiche domande che si incardinano in una ossessione.
Giorni di ferite, vecchie e aperte a forza da una lama affilata come una falce.

Giorni della memoria, di ciò che è stato e che sarebbe potuto e che adesso è così incredibilmente diverso.
Giorni in cui le piccole onde della melanconia lambiscono gli occhi che hanno visto.

Ho piantato tre ulivi questa mattina. Ho scavato tre buche profonde nella terra appiccicata e selvatica.
In una ho messo il ricordo di lei, come un tesoro che la terra custodirà.
In una ho messo il dolore di questi giorni, come un segreto che la terra custodirà.
In una ho messo la speranza per il domani, perché la terra possa farla fiorire.
Sopra ogni buca un ulivo. Perché il legno d’ulivo è il più forte e il meno domabile. Decide da solo dove e come vuole essere, e arriva ad esserlo. Fosse anche stato piantato sulla pietra viva.

Per tutta la vita ricorderò il giorno e lo stato d’animo con cui ho piantato quegli alberi. Questo ricordo vivrà oltre la mia stessa vita, con quelle piante, come nei film di Wong Kar-Wai.
Mi piace immaginare che un mio nipote farà l’amore sotto quegli stessi ulivi, ignaro del fatto che furono eretti a custodia dell’Amore, della Memoria, della Speranza.
Ignaro del fatto che quei tre ulivi sono i pilastri su cui regge anche la sua stessa, umana esistenza, di giovane del 2049. E di tutte quelle avvenire.
Augurio antico di perenne felicità.

mercoledì 7 marzo 2007

Silent sunset...


Sempre alla ricerca di un linguaggio adatto, intanto uso quello dello sguardo.
Una delle mie montagne al tramonto un mesetto fa.
Le orme che vedete perdersi all'orizzonte sono dell'homo viator che affronta la salita immerso nella neve fino alle ginocchia... purtroppo la maggior parte dei colori, i suoni del silenzio e i jeans zuppi sono ancora difficilmente riproducibili. Imparerò meglio.

lunedì 5 marzo 2007

Giorno di solennità...

Il presidente della regione aveva iniziato bene il suo discorso. Aveva persino citato Beckett prima di abbandonarsi ad un’inconcludente spirale di politichese, come un marito frustrato che si getta fra le gambe di una puttana.
Poi il corteo storico, poi le parole dell’abate che riecheggiano. Cosa? Niente. Riecheggiano e basta. Poi una nuvola d’incenso che mi invade i polmoni e mi fa chiedere sempre: “perché, cazzo? Perché?”
Poi le foto dei fotografi, le parole dei giornalisti e le tonache dei monaci.

Poi la pausa pranzo.

Raggiungo la mia montagna, quella di quando ero ragazzino. Salgo, scivolo, riprendo. Rocce, fango, erba. Il paese piccolo piccolo in fondo alla vallata. Eccomi in un buon punto, alto abbastanza. Mi fermo. Tolgo il cappotto.
Eccomi qui dopo tanti anni: un tipo strano in giacca e cravatta, con il fiatone, in mezzo al fianco di una montagna. Mani in tasca.

Mi siedo su una roccia e respiro. Respiro e ascolto il sole che mi scalda il viso. Chiudo gli occhi e sento il vento, forte, marzolino. Stringo più forte gli occhi e mi faccio pietra. Riesco persino a sentire le grida dei falchi. Che effetto strano questi versi nel cielo mescolati alle risa lontane dei bambini che giocano nel prato più a valle. Che effetto strano pensare che è il 4 marzo del 2007 e non ho niente intorno che me lo faccia credere.

Avete mai provato la sensazione di non avere bisogno di niente? No, non di nient’altro. Proprio di niente. Un giorno, magari, riuscirò a spiegare questa sensazione per la quale, ad oggi, non posseggo ancora linguaggio minimamente efficace.

Vogliate scusarmi.