sabato 28 aprile 2007

When I hate everything…


C'è una cosa di me che odio. Oddìo, ci sono molte cose di me che odio. Anche negli altri odio molte cose, ma questa è un'altra storia. Una delle cose che odio di me è il sentirmi corrompere dalle res adversae. Sai quei periodi in cui va tutto un po' storto? Non molto, un po'. Un giorno il lavoro, un giorno un amico, un giorno un nemico. Una giorno la tua famiglia, un giorno quella degli altri. Il lavoro che diventa un'oppressione, il non lavoro che opprime ancora di più.

Ecco, in quei periodi, senza che me ne accorga, l'oscurità comincia a annerirmi l'anima. Mi faccio più schivo, più buio, più brutto. Inizio ad essere meno tollerante e a farmi mille paranoie sulle persone che mi girano intorno. Ignari satelliti di un pianeta in ebollizione.

Più passa il tempo più i nervi si tendono. E più i nervi si tendono più fatico a ritrovare il bello, a riconoscere ciò per cui vale la pena di alzarsi al mattino. Insomma, a salvare tutto ciò che inferno non è, come direbbe Calvino. E questo mi dispiace. Perché con tutto il caos e le amarezze che a volte la vita ci riserva, bisognerebbe avere sempre cura di quella piccola oasi che risiede in noi stessi. Bisognerebbe riuscirci. Ritornare a nutrirla delle piccole cose, delle piccole attenzioni verso sé stessi e verso gli altri che rendono la vita quotidiana un po' meno infernale. Un po' più purgatorio.

Il paradiso? No, quello è un posto riservato a chi può (con)dividere l'esistenza con una metà che sia anche meta.

sabato 21 aprile 2007

La sola ragione del viaggio: viaggiare.

- Allora, Ben, sei disponibile quest'anno a fare il progetto movie?
- Mah, non so. I tempi sono già stretti…
- Per quelli non ti preoccupare, posticipiamo la proiezione. Allora?
- Beh, allora si dai…
- Pensi di lavorare con qualcuno? Ti occorrerà un aiuto?
- No. Quest'anno farò da solo.
- E la tua ragazza?
- Quest'anno sarò solo.
- Ce la fai?
- Ce la farò.

Inizia così la traversata primaverile dell'Anno Domini 2007. Con un impegno degno di Shakelton. Condurre in solitaria trenta ragazzini di diciassette anni attraverso la realizzazione di tre cortometraggi. Tragitto semplice: soggetto, sceneggiatura, regia e recitazione, montaggio e musiche, proiezione. Lineare.

Lungo il tragitto le insidie, quelle che ogni capitano deve affrontare: rischio di ammutinamento dei ragazzi, rischio di finire contro gli scogli dell'indifferenza, rischio di perdersi nella nebbia dell'incomprensione o di restare incastrati nei ghiacci della frustrazione.

Da tre settimane siamo salpati, e abbiamo già quasi raggiunto la seconda meta. L'umore a bordo è ancora alto, anche se tenerlo alto fino alle riprese è difficile. La penna affascina meno della videocamera. Qualche ragazzo si sta appassionando, sta uscendo dalla psichedelica mentalità playstation e inizia a flirtare con il ritmo cinematografico. Mi fanno sorridere quando cerco di proporre soluzioni alle sceneggiature e mi sento incalzare con continui: "E poi? Su, dai, poi che succede?" "Dimmelo tu – rispondo sempre – dimmelo tu cosa succede". Li punzecchio continuamente. Odio il torpore del nuovo millennio. Per queste cose occorre passione. Da parte di tutti.

Senza che se ne rendano conto mi appaiono un po' come bambini in quei momenti, sembrano riscoprire il piacere del sentirsi raccontare una storia. Le ragazze, a onor del vero, sono sempre le più interessate. Ma sono pochissime, le classi coinvolte provengono tutte da indirizzi tecnici.


Non basterà questo post per raccontare tutte le sensazioni e le speranze che mi animano.

Credo che terrò un diario di bordo.


Ritto sul cassero, con lo sguardo attento,

Benjamin Brown

mercoledì 11 aprile 2007

Architetture lontane

Come sanno le poetesse che frequentano questa bottega, esistono parole in grado di evocare anche ciò che non dicono. Esistono stati emotivi che solo parole errate sanno descrivere.
Volevo dunque dedicare alle mie clienti questa breve storia d’amore, che adoro per la sua freschezza, per il suo ottimismo e per quella capacità evocativa di cui sopra.
Che sia di buon auspicio per questa bella stagione che incombe minacciosa sulle nostre teste.

Avvenne per caso
in una stradina moderna
sotto la pioggia
Gli ombrelli che fanno zum -zum - zum
E l’ universo fa bum - bum - bum

Lui: una canzone francese
Lei: una rossa risata irlandese
Piovvero languidi giorni
Piovvero languidi giorni…

Sì ma io dov’ero andato
Tutto mi sarei guardato
E ne avrei scritto anche meglio di così

Lui era un loden portato
da una dolcezza senza rimpianti
da studi classici ardenti,
la pipa morsa tra i denti…

Lei era un cavallo, un gatto,
un’ondata di mare nordico al sole,
Vestita come uno vuole,
Vestita come uno vuole…

Due belle gambe, lei
e un po’ di fumo azzurro, lui…
Col permesso degli dei…

Gli déi dei bei sonni…
Gli déi dei begli anni,
Gli déi dell’ amore rosso,
del fuoco nelle sottane, architetture lontane…

La vecchia canzone francese
contro una rossa risata irlandese
Gli ombrelli che fanno zum -zum - zum
E l’ universo fa bum - bum – bum

Architetture lontane, Paolo Conte

giovedì 5 aprile 2007

Jazz


Quando il trombettista di Berghidda tiene la nota,
dopo vortici di sonorità e ritmi spezzati, il pubblico sembra trattenere il respiro.
Passano i secondi: dieci, venti, oltre.
Continua, Fresu, a tenere quella nota che non vuole esaurirsi. La leggerezza con cui suona potrebbe essere la stessa necessaria a tenere in bocca una sigaretta.
E il pubblico sta lì, sospeso, consapevole del fatto che se lo volesse, quella nota Paolo Fresu potrebbe tenerla nella sua tromba tutta la notte.
Poi il suono si sopisce. Lentamente, molto lentamente.
Il sardo dallo sguardo limpido si tende con tutto il corpo per accompagnare la musica verso il silenzio, per consegnarla nelle mani di un applauso che potrebbe anch’esso durare tutta la notte.
Paolo Fresu lo sa.
E sorride.

Un piccolo frammento dell'articolo che sto scrivendo sul concerto romano di martedi... perchè al paese scrivo per un pubblico che non esiste, mentre qui - spero - qualcuno potrà sedersi di fianco a me, al buio, per ascoltare questa tromba che squarcia il silenzio consapevole della sua responsabilità...

PS: Un abbraccio ad Ainda & Brother che mi hanno mostrato una Roma nuova, che non sospettavo. E che mi hanno fatto condividere delle notevoli salsicce! A presto!