sabato 31 gennaio 2009

Se morissi...

... Sulla mia pietra si potrebbe scrivere:


Qui riposa (finalmente) 

Benjamin Brown
(simpatico cialtrone)

Non fu particolarmente santo né peccatore,
ma trattò sempre tutti con grande umanità.

Un pensiero, se vi pare.
Per i reclami rivolgersi alla tomba di fianco.

mercoledì 28 gennaio 2009

Train de vie

Mi sono regalato un buon film per il giorno della memoria. Ho visto "Train de vie", che è pellicola sincera, vitale e anche un poco ruffiana. E' un film molto bello che metto volentieri nella vetrina della bottega. 

Alcuni dialoghi sono fulminanti.

– Schloime, perché sei tu il matto?
– Per caso. lo volevo fare il rabbino, ma il posto era già preso. Visto che mancava il matto, ho pensato: "Fai il matto, se no lo fanno loro. Fallo al posto loro".
– E non ti senti un po' solo?
– Oh no, non sono i matti che mancano...
– No, intendevo una donna. Perché non hai moglie, Schloime? Dei bambini, una casa?
– Ah no, non sono mica matto...
(pausa) Li avrei amati troppo… sarei morto d’amore. Impazzito...

sabato 24 gennaio 2009

Vecchio cinema inferno

Quand’ero bambino, non so se capitava anche a voi, non riuscivo a fare a meno di condividere una cosa che credevo bella. Mi chiedo se in effetti sia proprio dell’essere umano cercare di condividere con le persone le cose che gli danno gioia, non lo so. Non l’ho mai capito.

Io sono un appassionato. Non un genio né un fanatico. Solo un appassionato. Di cinema, letteratura, pittura e fotografia in un paese che da almeno cinquant’anni non possiede un cinema, un teatro, una libreria, un museo.
Sapete cosa significa per una comunità non possedere tutto ciò per un periodo così lungo? Significa generazioni cresciute senza sapere come si legge, come si vede un film, come si osserva.
Per me significa solo sentirsi soli.

Ma attenzione. Questo post non è uno sfogo depressivo. È una dichiarazione di resistenza.

Anche questa sera ho aperto la saletta della biblioteca, spento le luci e acceso il proiettore. Anche questa sera sono venute non più di quindici persone a vedere il film settimanale.
- Ben, l’hai scelto tu questo film?
- Diciamo che l’ho caldeggiato…
- Ma che film è?
- È un film israeliano molto…
- Se, ho capito va…
- Dico davvero! È un film molto bello. Essenziale ma molto umano…
- Se, vabbè… ma perchè non fate mai quelli dei Vanzina? Daje su, manna che sennò ce stamo qua tutta la sera… 

Poi succede che accendo il proiettore. E quando lo accendo su una pellicola che ho amato inizio a chiedermi se piaccia alla gente immersa nel buio. Percepisco gli sbadigli e le caramelle scartate, i bagliori degli sms e le parole sottovoce. Qualche risata. Poi il responso, che è sempre il solito.
Scorrono i titoli di coda.
- Ben… si carino… beh, insomma…
- Ben, poi me lo spieghi, eh?
- Ben, ma che ca… ma che film hai messo??
- Ben… io il senso mica l’ho capito, eh… cioè… si, però…

Ed è una lunga processione di voci al buio che mi stringono la mano, mi danno pacche sulle spalle e raggiungono la via di fuga nel più breve tempo possibile.
Mentre scorrono i titoli di coda.
Scorrono sull’ending che è sempre una musica molto bella.

A me, la musica dei titoli di coda, mi fa sempre incazzare.
La gente sembra venire al cineclub per fare un piacere a quel rompicoglioni di Benjamin Brown. O con l’animo con cui si va a messa la domenica, tanto per pulirsi la coscienza. Ce ne fosse uno che accetti, una volta, una sola volta, di abbandonarsi a ciò che vede.
Ci fosse uno che permette al film di raccontargli una storia. Mi piacerebbe anche solo che ci provasse...

Ci fosse una, una sola persona con cui condividere.

Resistere, resistere, resistere.
La buona notizia è che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
E io sono un coltivatore in un paese di merda.

mercoledì 21 gennaio 2009

Pretty good year...

martedì 20 gennaio 2009

Alzando lo sguardo

Poi, improvvisamente, accorgersi spaventati di essersi spenti.

Fuoco, fiamma, candela. Fumo.

 

Quando si nasce viandanti il proprio destino è segnato: si cammina. E quando si è stanchi, molto stanchi, viene naturale camminare a testa bassa. Il naso puntato a terra e gli occhi che assistono il ritmo imperterrito e simmetrico dei piedi.

Ma quando si è stanchi, molto stanchi, se non si rialza il capo si rischia di perdere la direzione.

 

Quello che è successo a me.

 

Ho camminato talmente a lungo col capo chino da non accorgermi dei piedi che sprofondavano nella sabbia, non ho fatto caso al troppo silenzio, né alle stelle. Non mi sono accorto di essermi perso nel deserto.

 

Siete mai stati nel deserto? Io no. Però sono stato così incosciente da crearlo, il deserto.

E proprio in questi giorni, alzando gli occhi ho visto il nulla intorno a me.

Ho provato uno sconforto grande come il deserto stesso nel sentirmi perso e solo, stanco e perduto. Ho pensato di essere diventato cieco a forza di non osservare, sordo per non aver più suonato e pazzo per non aver più scritto. Ho pensato che persino il mio cuore si fosse atrofizzato, dopo anni di non amore.

 

Ho guardato dietro le mie spalle per vedere le mie orme cancellate dal vento e sono caduto in ginocchio. Volevo urlare ma il fiato si spezzava nella mia gola. Ho sperato di addormentarmi in un sonno eterno e farmi sabbia, e quindi abbandonato ai capricci del vento spargermi in ogni direzione possibile.

 

Il deserto è il luogo in cui il viandante affronta il nemico dai suoi stessi occhi.

 

E la cosa completamente spiazzante è stata accorgersi di quanto sia illusorio questo andare. Camminare tutta la vita inseguendo una meta, senza riuscire mai a coglierla. E non riuscire a coglierla perché la meta siamo noi stessi. Si può veramente passare una vita a cercare se stessi? Sarà mai possibile amare una persona, o dieci, o mille… senza prima aver capito, senza prima aver raggiunto l’unità dentro se stessi? Si può continuare a fare e disfare senza sapere chi si è?

Credetemi, in tanti anni di viatico non avrei mai immaginato quante forme potesse assumere il deserto, né avrei mai creduto all’idea di quanto feroce potesse essere il deserto dentro se stessi… 

lunedì 12 gennaio 2009

Casi di crisi

Dopo due anni conosco ormai tutti quelli che seguono la messa delle 9.00. Li aspetto sulla porta e so distinguerli dai turisti: quasi tutti hanno il passo svelto, sessant’anni e l’occhio a mezz’asta.
Non è facile alzarsi la domenica mattina. E a onor del vero anche io ho l’occhio a mezz’asta…
- Buongiorno Signor Carlo.
- Benjamin! Tutte le feste ti fai, eh?
- Sempre signor Carlo!
E tutti scompaiono dietro la porta.
- Come andiamo signor Luigi?
- Eh…
- Ma insomma, non mi risponde mai bene!
- Eh… Benjamin, ti ho mai raccontato della morte di mio nonno?
Ogni domenica mattina il signor Luigi mi racconta un episodio della sua famiglia.
- Ben, sempre qua stai, eh?
- A ognuno il suo zi’ Marì…
- E vabbè, finchè stai in grazzzia deddio… tiè, che te servono pe’ la voce…
Ogni domenica mattina zia Maria mi benedice con una manciata di caramelle alla menta.
- Dove eravamo rimasti l’altra settimana Ben? Ah si, gli equi…
- Si, mi pare…
- Allora hai presente la contrada della scaragna? Lì dove ha la terra il Roscio?
- Mi pare, si… (in realtà non ne ho idea)
- Ecco, lì quando il compare scavò le fondamenta vennero fuori i resti dell’ultimo insediamento degli equi. Che poi…
Ogni domenica il professor Giuseppe mi racconta un pezzo di storia del paese attraverso i ricordi dei suoi parenti.

Due anni. Tutte le benedette domeniche, alla prima messa.
Con ognuno la promessa è la medesima: “continuiamo la prossima volta Ben!”.

E invece no, stavolta no. Anche se non ho avuto il coraggio di dirlo a nessuno, il metronomo Brown non sarà alla prima messa.

Tecnicamente – fossi un dipendente di azienda – mi chiamerei “personale in esubero”. Praticamente lo chiamo niente più turni di lavoro a tempo indeterminato. E nonostante continuerò ad accompagnare saltuariamente i gruppi, un po’ di malinconia oggi mi ha colto nel fare l’ultimo tour del monastero. Forse è la sindrome di Stoccolma, forse solo l’amara consapevolezza di essere una delle vittime della crisi economica… o più semplicemente la sensazione di non esser più LA guida del monastero. Però fa un po’ triste.

E da domani torno borghese. Da domani torno a poter uscire il sabato sera e le feste, torno ad avere tempo libero.
Da domani torno ad essere un ragazzo normale.
Con il penoso dubbio che la normalità non mi appartenga più…