domenica 28 giugno 2009

Il minestrone

- No, Sergio ha proprio ingranato… gli ospedali se lo so’ proprio conteso. Lo sai quanto se becca mo’, si? Più de 5mila al mese… cioè, non so se rendo…
Rendi, rendi.
- Pure Clara non se la passa male alla Unicredit. Alla fine per quello che ha fatto… lavora a percentuale, su progetti del 12-20mila euro, ti puoi immaginare. Prende il 10… cioè… non so se…
Si si, rendi.
- Io mi sono data un termine: ora prendo 2.500 al mese. Se a 30 anni non guadagno ancora 10mila euro al mese mi rimedio un calcio nel sedere per entrare in regione – come fanno tutti – e arrotondo lì. Dovessi anche darla a qualcuno. Tanto ormai funziona così. E poi 10mila al mese… capisci… non so se rendo…

La smetti con questo cazzo di “non so se rendo”? si si, rendi. Rendi perfettamente l’idea. Ho capito chi sei, cosa vuoi, cosa abita il tuo cuore. Ti auguro di ottenere tutti i soldi che desideri e ti auguro di goderteli come meglio credi. Ma ora ti prego: smetti di parlarmi. La tua esistenza è per me motivo di sconfinata tristezza, la tua scala di valori è l’antitesi di ciò in cui credo, la tua determinazione e la tua intelligenza costituiscono uno spreco a cui non c’è rimedio.
Non ti odio, né ti disprezzo. Solo non voglio ascoltarti.
Zitta, ti prego. Stai zitta.

Ho bisogno di ridere. Di ridere come Ninetto Davoli.
Ridere davanti a chi crede nel denaro.
Non ridere di loro: ridere per loro.
Sdraiandomi sulla terra, afferrando una zolla di terra, sentendo fame.

Che il cielo mi consenta di aver sempre fame.

venerdì 19 giugno 2009

Ex-stasi

- Brown ho letto i capitoli che mi ha inviato.
- Bene.
Sorride. Segno buono, immagino.
- Tutto a posto. Non ho praticamente nulla da eccepire.
- Bene professoressa, allora vado avanti così.
- Vada vada. Mi piace molto il modo in cui ha scelto di impostare il lavoro.
- Grazie.
Nel portico i ragazzi mi sembrano per la volta molto giovani. La mia tesi procede, avanza. Il portico non se ne cura: ragazze sorridenti lasciano fumare le loro sigarette fra le dita penzoloni, i ragazzi in pantaloncini corti si nascondono dietro le tracolle e i docenti fluttuano in giacca e cravatta lungo le arcate. Sembrano incapaci di produrre sudore, odore e espressione i docenti universitari.
La mia tesi avanza, insieme al mio morale stanco. Le gambe no, non sono stanche e hanno voglia di muoversi. Ho voglia di camminare, si, di camminare.


Roma brucia del suo giugno, l’asfalto sembra più nero d’estate. La voglia di camminare mi porta a Termini, che è la meta di quasi tutti i miei pellegrinaggi. Passeggio un poco fra le vetrine che non mi interessano, osservando i volti che osservano e quelli che no. Ho ancora voglia di camminare e sono sui binari.
Fra il binario 4 e il binario 5 c’è fermento. L’intercity inizia ad ingoiare i suoi passeggeri. Io li osservo, insieme ai loro bagagli e all’odore di catrame che d’estate sembra più nero anche lui. Osservo quella fretta che non capisco, rispondo ad una gentile signora che dovrà raggiungere l’estremità opposta del treno se vorrà sedersi sul posto prenotato. Lei sorride, mi ringrazia, scompare. Di fronte a me c’è il vagone numero 3 e ha la porta chiusa.
Attraverso la banchina, apro la porta e entro nel vagone.
Respiro a fondo, con gli occhi chiusi, come fossi in riva al mare.
Mi giro verso il corridoio e i suoi movimenti.

Scendo.

Non tocca a me, non ancora.


PS: lo so, ultimamente sono sempre più stati d'anima e poche piccole storie... forse è il periodo, forse l'età. Ma mancano anche a me...