martedì 16 marzo 2010

Orfeo e... ed Euridice?

L’accompagno a casa, di notte. Sono le 2 e mezza e sto uno straccio. Lei mi parla di coppia, io le rispondo di coppia. È bella, questo è innegabile. Nonostante il mio sonno lei è bella. Parliamo di coppia e di noi, che non lo siamo ma che lo potremmo essere. Che non lo siamo e forse lo vorremmo essere. Parliamo di coppia come se la cosa non ci riguardasse minimamente, non con distacco ma con una specie di serena accettazione.

È una lunga chiacchierata spassionata, forse de-passionalizzata, sulla coppia e sulla solitudine. Un dialogo bianco, spumoso, leggero. Qualche volta si ammicca, altre volte si sottintende. Ogni tanto mi sembra di parlare allo specchio e la sensazione non è piacevole. Ma forse sono solamente stanco.

Potremmo, vorremmo, sarebbe sicuramente molto giusto. Magari siamo fatti l’uno per l’altra, e questo spiegherebbe il motivo per cui ripetutamente mi scopro capace di sapere come andrebbe a finire. Mentre parla già vedo l’abito bianco e i figli e la messa la domenica e il volontariato e la gita fuori porta e i suoceri e… e cazzo Orfeo, corri!

Prima che i padroni dell’ade ci ripensino, corri ragazzo! Bravo Orfeo, corri da lei, corri con lei… hai sfidato mille pericoli, percorso tutti gli inferi, viaggiato nella terra dei morti… ora è nelle tue mani, a te spetta condurla verso la luce, verso la vita. Euridice ti ripagherà di ogni fatica, di ogni sacrificio, di ogni ferita: Euridice ti regalerà la vita che non hai avuto. Niente più rischi, niente avventure, niente incertezze: te e lei, lei e te. Poi i figli, tanti, a riempire di gioia la vostra dimora. Coraggio Orfeo, manca poco, coraggio. Basta che non ti giri Orfeo, basta che non la guardi. Non devi fare altro.

Cazzo hai fatto, Orfeo?

Cazzo hai fatto, hai ceduto? Come dici? Non riuscivi a resistere alla tentazione? Non riuscivi a resistere ancora pochi passi senza guardarla?

A me non mi ci prendi per il culo, dannato Orfeo, io ti ho capito bene. Ho capito il perché ti sei fermato con un mezzo sorriso e scusandoti ti sei voltato. L’ho vista bene l’espressione della tua bocca. Ho visto bene come hai lasciato la sua mano e come hai aspettato di vederla dissolversi al vento. La tua paura è la mia paura, la sensazione di iniziare qualcosa di cui si riesce a intravedere con precisione il progredire, se non la fine. Qualcosa tanto scontato da riuscire a cauterizzare ogni forma di passione.

No stupido Orfeo, Euridice non capirà.

Non capirà perché aspettare un altro eroe nel suo limbo.

Ma tu, stupido Orfeo, hai fatto la cosa migliore, l’unica possibile.

Per quelli come noi far parte di una coppia è una colpa senza possibilità di assoluzione.

lunedì 8 marzo 2010

Mea culpa

Esagerare. Con la rabbia, con il livore. Esagerare perché si è stanchi, sfiduciati. Dire sciocchezze senza rendersene conto. Arrivare fino ad essere un po’ cattivi, se non feroci in alcune espressioni. Scagliare parole come pietre, aver voglia di mordere o di esplodere. Avere sete di una giustizia che non appartiene a questa terra.
Fermarsi poi. Esausti, con l’anima ansimante, spossati dalla propria stessa rabbia. Stanchi come l’animale ferito che si lascia cadere su un fianco con la lingua di fuori.
E lì, soltanto lì, nel momento in cui il mondo è rivoltato a 90 gradi, accorgersi di quel che non si riusciva a vedere prima. Nel silenzio accorgersi di aver proiettato su di un unico punto tutta la rabbia accumulata nel tempo, a prescindere da chi ne fosse causa. Accorgersi di essersi accaniti su un capro espiatorio perché esso costituiva finalmente un nemico visibile e concreto.
Da uomo a bestia il passo è breve. Da bestia a uomo è più lento e fa più male. Ci si rialza piano, non servono più tutte e quattro le zampe a terra. Ne bastano due per tornare a vedere le cose da un punto di vista più alto. Ci si guarda intorno e ci si accorge delle reali dimensioni delle cose. Se si ha coraggio, si può dirigere lo sguardo verso se stessi. E accorgersi di quanto fango, meschinità e odio ci siamo imbrattati.

È difficile riconoscere e accettare di essersi sporcati.
Difficile come ammettere di essere,
in fondo,
soltanto
un
uomo.