venerdì 5 settembre 2014

Il tappeto

Rosso, ma fino a quel nodo blu. Da cui parte un filo ocra che intreccia senza che si veda una piccola treccia di verde. Poi un tripudio di azzurri, gonfi e setosi, nel cui spessore fioriscono bagliori di vermiglio. Sembra un cielo stellato di papaveri, o un mare col morbillo. Ecco ripartire questo grigio, scuro e opprimente, che si addensa fino a sembrare quasi nero. Un grigio senza speranza, verrebbe da dire. Un grigio che... Verde, finalmente il verde acquamarina guizza fuori e cambia le sorti del tessuto. Lampi di leggerezza che si inseguono fino al bordo sfilacciato di gialli, di blu oltremare, di vite vissute.
Le vite degli altri mi chiamano, mi vogliono, esigono il mio ascolto. Io mi chino, le passo fra le dita e intanto mi consumo. Il racconto delle vite degli altri si intreccia costantemente in una trama dove la mia esistenza non trova spazio. Ma che dico: la mia vita non vi trova spazio perché è la trama, è il disegno complessivo che per vocazione mi è stato concesso di contemplare. L'interminabile disegno degli incontri, il linguaggio attraverso il quale Dio si esprime e si nasconde, ci comunica il messaggio. E nessuno se ne accorge. Quello sta nascosto nell'ovunque e nel sempre, e ci parla attraverso gli incontri. Chissà le risate che si fa. Mentre la maggior parte delle persone rifiuta l'idea stessa di questo linguaggio, lo sottovaluta. Nella migliore delle ipotesi lo coglie solo nel suo immediato, nella sua superficie.
Sono molto stanco.
Ho conosciuto gente che ha ucciso e gente che ha provato ad uccidersi, donne che hanno perso un bambino e altre che ne aspettano. Mogli frustrate, mariti violentatori e giovani suore di pure speranze. Ho conosciuto trentenni viziati e pigri e li ho messi vicini a quelli che subiscono la vita barricati nella loro insicurezza. Pervertiti che bramano antidoti alla propria solitudine e amanti innocenti, malate dello stesso male. Signori benestanti e cordiali, signore in analisi che cercano soluzioni per la noia. Bambine capricciose convinte di sapere tutto, uomini giramondo che fingono di non sapere niente.
Tutti mi hanno raccontato la loro storia e tutti ho ascoltato.
E stasera, stanco come non mai, metto su una musica lenta e mi fermo ad osservare questa trama confusa, grezza, incomprensibile. E stavolta lo metto per iscritto, perché forse questo linguaggio deve trovare sponda in un altro linguaggio. Lo metto per iscritto, come fossi il dirimpettaio del Padreterno.