domenica 20 giugno 2010

Il pappagallo seriale

Dice - Anvedi che forza sto cagnetto… bello! Vai a prende’ la pallina, cori… ma guarda come core… e m’ha riporta pure!! Anvedi oh… che bravo cagnetto… qua bello, qua…
Lei lo osserva con un sorriso ingessato dietro i suoi occhiali scuri.
- Bello! Cori, arivacce a prende ‘sta pallina, còri…
La pallina corre avanti e indietro dalla panchina. È un ritmo che richiamerebbe qualcosa di zen se il tipo non fosse così rumorosamente interessato alla padrona del cagnetto.
- È una lei.
- Come?
- È una lei, è una cagnetta.
- Ah! Ma davero? Ahò, scusame piccole’… ‘na cagnetta sei… e come se chiama, ‘sta cagnetta?
- Gioia
- Ahò! Gioia! Come mi’ nipote! Anvedi che sei ahò…
Gioia continua a dimostrarsi complice del tipo. È giusto. Lui soddisfa il suo bisogno di correre ossessivamente e freneticamente dietro ad una pallina colorata. Sono almeno dieci minuti che palla e cane vanno avanti e indietro.
E io, nel mezzo del campo di battaglia, osservo la ragazza in trincea difendersi maldestramente dall’attacco garibaldino del tipo.
- Ma poi che begl’occhi che c’ha ‘sta cagnetta! So’ proprio belli!
La padrona sorride insieme alla sua scollatura.
- Ma che c’ha un problema però? Me pare che c’ha n’occhio più grande…
La padrona si fa più seria.
- Eh sì, ha un piccolo polinomio all’occhio destro.
- Eh, i polinomi so’ ‘na brutta bestia…
- Sì, ma niente di grave...
- E tu? E tu che dici? Ancora nun te sei stancata de core? E vai allora, va…
Riparte la palla con bestia annessa. Ritorna la bestia con palla annessa. Quindi il colpo di genio: senza indagare troppo sul dolo, la palla va a finire in un piccolo cespuglio. Gioia guaisce impotente dai suoi quindici centimetri di altezza. La ragazza è costretta ad intervenire e lo fa in grande stile: piegandosi a novanta gradi sul cespuglio e – di conseguenza - volgendo verso la nostra panchina l’insieme sgraziato delle sue grazie.
Lui si abbassa gli occhiali da sole e non si trattiene: ha l’aria di un bambino a cui stanno offrendo un chupa chups.
- La madò! Evvai va’, evviva la pallina de Gioia...
Storia insegna che certi errori si pagano.
Lei si rialza di scatto, lancia la pallina dalla parte opposta del parco e se ne va senza voltarsi, con passo decisamente irritato. Lui ha ancora la bocca semi aperta. Non credo se ne sia reso conto.
Ad ogni modo poco importa: dieci metri più avanti c’è un’altra panchina, un’altra ragazza e una nuova scusa per attaccare bottone. Il tipo si gira verso di me e il mio panino, mi sorride e se ne va.
Peccato.
Era più divertente il mio panino in mezzo al campo di battaglia.

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