domenica 26 novembre 2006

La capetta

Nel bel mezzo dell’omelia, nel placido ritmo di parole inascoltate, dalla porta della chiesa si è affacciata una capra.
Si, una capretta doc, con tanto di corna e pizzetto.
Con molta circospezione ha controllato la situazione ed è uscita dopo pochi istanti. Giusto il tempo perché la piccola trottola rosa che avevo davanti gridasse con un sorriso entusiasta aperto da un occhio all’altro: «UNA CAPETTA MAMA!».
In molti ci hanno sperato, in pochi le hanno creduto.
Nascosto dall’acquasantiera ero fra quei pochi.

venerdì 24 novembre 2006

Maicol

Non si è mai preparati alle domande che quaranta bambini di quarta elementare possono porti durante una visita al monastero.
- Ma come è possibile che avete costruito tutto questo?
Oppure
- Perché San Benedetto andò via da Roma? C’era troppo smog?
O ancora
- Perché lì c’è il diavolo? Ma che il diavolo l’hai visto veramente?
Ma sotto una volta che ancora si fregia di bizantini santi, il piccolo biondo – credo Micheal o Maicol (a seconda della soap e del livello di alfabetizzazione dei suoi) – mi tira per la manica della giacca.
- Guida, lo sai che la notte di allouìn mio nonno è morto e prima ho visto un angelo che somigliava proprio a mio nonno?
Ha gli occhi lucidi il piccolo Maicol, tanto che un suo amichetto gli chiede cos’ha, stupito che sembri diverso. Dunque gli mette un braccio sulla spalla e me lo porta via.

Non ho fatto in tempo a risponderti con una delle mie celebri banalità, piccolo Maicol.
Ma tuo nonno è un angelo fortunato.

giovedì 23 novembre 2006

Sull’autogrill di Montepulciano mi sono fermato e ho pianto

Sono fermo all’autogrill di Montapulciano, come da 26 anni a questa parte succede durante i miei viaggi.
200 km di asfalto percorsi e 200 km da percorrere.
Sotto i miei piedi scorre il traffico autostradale, placido e sicuro come un fiume dotato di due correnti ostinate e opposte, indeciso se raggiungere il mare o tornare alla fonte.
Fra poco anche io tornerò in quel flusso. Sto andando verso il mare io. Verso la normalità, la routine, la solitudine. Alle spalle mi lascio le radici. Lascio la mia fonte.

Un professore una volta mi disse:« we have to leave our roots and follow our routes».
Sarebbe bello uscire al primo casello e prendere la prima strada senza nome. Inseguire la propria serenità in un luogo in cui ancora non sono.
Oppure restare qui. In un non luogo senza identità. Uguale a tanti altri porti in cui gli individui si incontrano, si lambiscono. Un non luogo in cui l’umanità accade.

La verità è solo che sono a metà del mio cammino di crescita, e come in questo autogrill mi piacerebbe sentirmi sospeso dal flusso che mi reclama insistente e oppressivo.
Vorrei alzare un momento la testina del giradischi per capire in quale brano posso posizionarla.
Osservare sotto la puntina i riflessi luminosi del vinile che ruota vorticosamente cercando di capirne il senso, osservando le luci delle auto che passano sotto le mie suole.

Mi accorgo solo ora che a prescindere dalla direzione le auto si stanno dirigendo tutte verso la sera. È sempre comunque tutto un viaggio incontro alla notte e poi al giorno.
Si tratta di scegliere il ritmo giusto.
Il punto esatto in cui poggiare la testina sul disco e, dopo lo schiocco sordo, attendere il suono e poi la melodia. Lasciare che tutta si svolga perché le nostre orecchie ne facciano proprio il senso.

Devo andare.
Non ho pianto, non ne ho il tempo.
Si sta facendo sera e non voglio andare troppo incontro alla notte.

mercoledì 22 novembre 2006

Due fotografi a Lucca

Cosa ci fanno due fotografi imprigionati in un riflesso? la cosa più elementare: si fotografano!
Un saluto ad Ainda, che ha sfruttato le sue competenze fotografiche in questa giornata toscana...