De memoriae et papaveri
Oggi mi sono successe tre cose molto belle.
Da tanto non mi capitavano cose tanto belle da farmi sentire
il bisogno di scriverle.
E invece stasera sento forte il bisogno di raccontarle, di
condividere, di chiuderle in una bottiglia e abbandonarle alle onde di questo
mare magnum.
La prima cosa bella è un incontro. Un incontro che mi capita
ciclicamente e inaspettatamente da dodici anni.
La prima volta che la vidi, dodici anni fa, Michela mi salutò con la mano, con l’entusiasmo con cui si salutano gli amici. Ero all'università e ricordo che non
capii perché una sconosciuta mi salutasse, tanto che pensai ad uno scambio di
persona. Non era uno scambio di persona e da allora ci vediamo ciclicamente a
distanza di mesi o di anni, in circostanze più o meno improbabili e spesso
senza volerlo.
Può succedermi oggi o domani di riconoscere Michela fra la gente
che affolla la metropoli.
Scoprendo inalterato quel sorriso che mi salutò
dodici anni fa, prima della lezione di psicologia sociale.
La seconda cosa bella è un altro incontro. Un incontro che
sposta nuovamente indietro le lancette della mia memoria.
Sette anni fa realizzavo i primi cortometraggi nelle scuole,
con la complicità di quei ragazzi a cui ho voluto un bene dell’anima e con una
gran voglia di ascoltarli e capirli.
7 anni fa, prima ancora che aprisse questa bottega,
accompagnai una di loro al consultorio perché aveva deciso di abortire. Ho
scritto diverse volte dello sguardo di Milena mentre l’accompagnavo in ospedale
e cercavo di farla ragionare. Ho tentato di spiegare quel misto di rabbia,
paura e orgoglio che sembrava scoppiare dai suoi occhi.
E oggi l’ho incontrata, in questo pomeriggio di randez-vous,
con tutta la sua energia e la sua follia. Mi ha raccontato mille avventure
vissute in questi anni, mentre io le continuavo a ripetere di stare attenta e
di mettere la testa a posto, che ho voglia di fare molte altre chiacchierate
con lei.
Ha sorriso molto Milena. E di nuovo ho percepito con
estrema chiarezza il suo bisogno di comprensione, di sentirsi amata, nascosto
fra le pieghe della sua ribellione e delle mille prodezze narrate.
Sono stato molto contento di questa lunga chiacchierata.
La terza cosa bella è la più semplice.
Sono due papaveri che una mano anonima (sì, ok, neanche
troppo anonima) ha legato sul manubrio della mia moto.
Ho sorriso a lungo perché il papavero mi somiglia: come lui
sono strutturalmente orgoglioso e solo.
Ho sorriso a lungo perché i papaveri erano due.
Nota: non ho l’elasticità di un tempo. Ma queste cose le
dovevo scrivere perché non voglio dimenticarle. E allora pazienza se sono
carenti di stile: questo luogo mi serve ancora a salvare ciò che inferno non è.
Per farlo durare.
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