martedì 29 aprile 2008

Fotografi & fotografi


Mi ricordo ancora la prima volta che l’ho vista. L’ho presa in mano con estrema cura, come fosse fatta d’aria. L’ho guardata a lungo, mi ricordo. Nera, immacolata, perfetta. La mia prima reflex digitale. Una manciata di megapixel, un valzer di circuiti stampati e molti, molti bit sparsi più o meno a casaccio.
Oggi la lascio. Oggi la vendo. Un tizio ha risposto all’annuncio e mi ha chiamato venti volte in due giorni: “si, mi fido, non mi fido, è che vorrei… non vorrei… ma se vuoi…
Mi chiedo se se la merita. La mia è una signora macchina, tecnologia giapponese di avanguardia, mica chiacchiere. Mi chiedo se sarà in grado di trattarla con cura, di apprezzarla come merita. La mia piccola.
Però sembra un tipo a posto. Piero Marsili. Piacere. Si, tutto bene, anche tu no? Io? Ah, sei del ’60… complimenti, te li porti veramente bene…

- Grazie! Scusami se sono un po’ imbranato nelle compravendite…

- Non ti preoccupare, adesso ti mostro la documentazione. Allora: questa è la card, questa…

- Sai, ho iniziato a fotografare con mia moglie, quando eravamo fidanzati, ai tempi dell’università. Non avevamo una lira all’epoca… ricordo che comprammo una Zenit! Ma magari non te le ricordi le Zenit…

- Come no? Sono giovane ma ho molti zii… tieni, provala col tuo obiettivo.

- Accidenti come pesa!

- Beh, questa è una signora macchina…

- Si sente! Mi ricordo che passammo dalla Zenit alla Pentax. Poi ci fu una parentesi piuttosto lunga… in cui vendemmo tutto per passare ad una compatta…

- Nooooo! E come mai?

- Sai, un figlio ti cambia proprio la vita.

- Ma come? Avete smesso di scattare in reflex quando avete prodotto il modello?

- Non hai idea di quante cose ti devi portar dietro quando hai un bimbo piccolo! La reflex era veramente troppo ingombrante… ora il piccolo è diventato grandicello ed eccomi qua! Ieri gli è presa una crisi allergica, sai?

Improvvisamente non ho più voglia di parlare di diaframmi, otturatori e pixel. Sono seduto in un autogrill alle porte della capitale e sto chiacchierando con un quarantottenne piuttosto elegante che fino ad un quarto d’ora fa neppure conoscevo. E questo tipo sconosciuto continua a raccontarmi della sua vita, di sua moglie che fa la biologa e di suo figlio. Di suo figlio che va agli scout, di suo figlio che fa pallavolo, di suo figlio che è allergico alle graminacee. Quest’uomo perbene che compra una macchina fotografica semiprofessionale orgoglioso del fatto che nel pomeriggio la userà per fotografare il suo ragazzo.
Dopo un’ora passata nell’autogrill a separarci è una stretta di mano e la proposta di un nuovo incontro che tanto so già non avverrà.

Ho venduto la mia macchina fotografica. Ho venduto l’occhio di vetro che ha fotografato mia nonna che non c’è più, che ha immortalato il mio perduto amore, e poi il viaggio a Parigi con Ainda, la mostra della scorsa estate, i progetti movie, la vittoria ai mondiali, la ristrutturazione di casa nuova, la luna, la piccola Milena, i mille viaggi in treno, le gite associative, l'ospedale di Padova, le mie sorelle e mio fratello, i tramonti innevati…

3 commenti:

fabilunablu ha detto...

dimmi che ne hai comprata un'altraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa ! io non sono mai stata capace di vendere niente... troppi pezzi di cuore...
un abbraccio
f.

Benjamin Brown ha detto...

Ma ti pare? Ne ho comprata una professionale... sennò come te lo faccio il book? ;)

Ricambio l'abbraccio,
Ben

Anonimo ha detto...

fino a poco tempo fa non vendevo nè buttavo via niente... ora sono in una fase in cui vorrei eliminare ogni traccia di ogni cosa.

Ben buoni scatti con la nuova macchina... baci