lunedì 12 gennaio 2009

Casi di crisi

Dopo due anni conosco ormai tutti quelli che seguono la messa delle 9.00. Li aspetto sulla porta e so distinguerli dai turisti: quasi tutti hanno il passo svelto, sessant’anni e l’occhio a mezz’asta.
Non è facile alzarsi la domenica mattina. E a onor del vero anche io ho l’occhio a mezz’asta…
- Buongiorno Signor Carlo.
- Benjamin! Tutte le feste ti fai, eh?
- Sempre signor Carlo!
E tutti scompaiono dietro la porta.
- Come andiamo signor Luigi?
- Eh…
- Ma insomma, non mi risponde mai bene!
- Eh… Benjamin, ti ho mai raccontato della morte di mio nonno?
Ogni domenica mattina il signor Luigi mi racconta un episodio della sua famiglia.
- Ben, sempre qua stai, eh?
- A ognuno il suo zi’ Marì…
- E vabbè, finchè stai in grazzzia deddio… tiè, che te servono pe’ la voce…
Ogni domenica mattina zia Maria mi benedice con una manciata di caramelle alla menta.
- Dove eravamo rimasti l’altra settimana Ben? Ah si, gli equi…
- Si, mi pare…
- Allora hai presente la contrada della scaragna? Lì dove ha la terra il Roscio?
- Mi pare, si… (in realtà non ne ho idea)
- Ecco, lì quando il compare scavò le fondamenta vennero fuori i resti dell’ultimo insediamento degli equi. Che poi…
Ogni domenica il professor Giuseppe mi racconta un pezzo di storia del paese attraverso i ricordi dei suoi parenti.

Due anni. Tutte le benedette domeniche, alla prima messa.
Con ognuno la promessa è la medesima: “continuiamo la prossima volta Ben!”.

E invece no, stavolta no. Anche se non ho avuto il coraggio di dirlo a nessuno, il metronomo Brown non sarà alla prima messa.

Tecnicamente – fossi un dipendente di azienda – mi chiamerei “personale in esubero”. Praticamente lo chiamo niente più turni di lavoro a tempo indeterminato. E nonostante continuerò ad accompagnare saltuariamente i gruppi, un po’ di malinconia oggi mi ha colto nel fare l’ultimo tour del monastero. Forse è la sindrome di Stoccolma, forse solo l’amara consapevolezza di essere una delle vittime della crisi economica… o più semplicemente la sensazione di non esser più LA guida del monastero. Però fa un po’ triste.

E da domani torno borghese. Da domani torno a poter uscire il sabato sera e le feste, torno ad avere tempo libero.
Da domani torno ad essere un ragazzo normale.
Con il penoso dubbio che la normalità non mi appartenga più…


4 commenti:

Calimero ha detto...

Nooooo Ben!!! Mi dispiace davvero... da una parte leggo la tristezza per il lavoro che finisce dall'altra la gioia per la ritrovata normalità... che sarà poi questa strana parola devo ancora capirlo... sono comunque sicura che la vita ti riserva una bella sorpresa!!

Bacetti Cali

P.s grazie per il rassicurante passaggio! :)

fabilunablu ha detto...

ben... le cose vanno e vengono.. e soprattutto così che hanno vita e non ci danno noia.. se non fosse che non ci si può permettere di cambiare sempre lavoro io non farei altro che cambiare, per trovar stimoli.. anche dalla nostalgia di una cosa che non si fa più. e ora ci saranno altre porte che si apriranno per te.. in bocca al lupo!
con un sorriso
f-

Benjamin Brown ha detto...

Un piacere vero e caldo per i vostri passaggi.
Un momento difficile da affrontare cercando di ritrovare la serenità. Perché a volte capitano cose il cui senso è comprensibile solo osservandole da lontano, nello spazio o nel tempo.

Crepi il lupo,
Ben

Anonimo ha detto...

ehi ben... un pò mi sento come te... anch'io da dieci anni vivo la domenica mattina in chiesa, sveglia alle 7.30, pochi sabato sera trascorsi pienamente. Dieci anni in cui non mi sono quasi mai ritirata all'alba...
Non è mai stato un sacrificio, non mi è mai pesato, anzi mi infastidiva e mi infastidisce piuttosto dare spiegazioni agli altri su questa scelta.
Sono stata presa in giro da coloro che vivono invece il sabato notte come fondamentale per la propria esistenza.
Ma non sono qui per raccontarti la mia avventura ma per dirti che ti capisco e ti sono vicina per questa interruzione. Quello che dico a me stessa spesso è che non bisogna mai fermarsi...anche se immagino che proseguire diventa difficile... un abbraccio