lunedì 13 giugno 2011

Milano

Quando sarò a Milano mi affaccerò dalla finestra della mia camera, di notte, e poserò i miei occhi su una città estranea. Quando sarò a Milano mi chiederò ogni momento se ho riposto ad una vocazione ho sono soltanto evaso da una galera.
Quando sarò a Milano mi chiederò che faccia hanno le ragazze di Milano, e se sono più allegre di quelle di qui, o invece più tristi e spente come il cielo che hanno sopra la testa.
Quando sarò a Milano mi chiederò se è giusto che io sia a Milano. E lo farò ragionando su un mestiere che ancora non conosco e che forse non merito e forse ho sempre desiderato.
Quando sarò a Milano immaginerò ogni giorno mio padre fra i campi e piangerò. No, non perché siamo lontani fisicamente. Ma perché non siamo mai riusciti ad avvicinare i nostri cuori e le nostre teste, nonostante siamo davvero molto simili. O magari – sicuramente – proprio per questo.
Quando sarò a Milano immaginerò che la vita nel paese in cui ho vissuto fino ad oggi si sia fermata, e che in molti stiano aspettando il mio ritorno come si aspetta un giorno di festa.
Quando sarò a Milano mi sorprenderò a sperare che a nessuno importi del fatto che sono andato via dal paese, e che in pochi conservino un ricordo di me.
Quando sarò a Milano, nella mia stanza di Milano, con molte luci e molte persone e molto smog intorno, mi chiederò come fanno i milanesi a viverci, a Milano. E se hanno coscienza di posti come il mio paese, in cui si può possedere una casa fra gli ulivi per poco prezzo.
Quando sarò a Milano cercherò di capire ogni giorno perché sono finito a Milano. E mi risponderò ogni giorno che il destino degli uomini liberi è abbracciare la libertà, che spesso è anche la più pesante delle croci.

In cuor mio saprò di aver scelto bene, anche se il cuor mio sarà altrove.
Magari di fianco a mio padre, mentre semina le patate per la nuova stagione.

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