lunedì 15 agosto 2011

Il viaggio immaginato

Viaggiare mi faceva bene come respirare.

Perché mentre scorrevano l'acciaio e l'odore di catrame, il mio sguardo cercava le finestre delle città. E le città erano tante, e tante le finestre che si affacciavano sulla mia corsa.
Ho immaginato centinaia, migliaia di vite diverse e tutte uguali, ho provato ad interpretare le espressioni di chi aspettava sulle banchine di provincia e indagato i problemi dell'uomo.
I nostri problemi sono piccoli se pensiamo al flusso dei problemi in cui siamo immersi: l'uomo affronta la vita in ogni angolo di mondo e non esiste una gerarchia di problemi.
Le finestre. Le finestre, sì. Le finestre mi aiutavano a ricordarmi che non sono nulla, un battito di ciglia appena accennato da un Dio distratto.
Questo mi rilassa.
E mi riposa.
Il viaggio, in fondo, è sempre lì che mi aspetta.

martedì 26 luglio 2011

La meta altrove

E poi, d’improvviso, ritorna. Il senso di appartenere ad un altrove che è ovunque fuori che qui. Il senso di appartenere ad un percorso e a nessuna meta, il senso di non riuscire a trovare pace alla propria inquietudine.
Come un tam tam che richiama la mia anima e raffredda, opacizza i rapporti che ho con gli altri, con gli amici, i conoscenti, i parenti. Un richiamo talmente potente da sopraffare qualsiasi bisogno di affetto, di amore, di stabilità.
Conta solo la costante ricerca di quello che sfugge e che sfuggirà per tutta la vita.
L’inquietudine è la mia casa.

domenica 17 luglio 2011

Di viaggi e persone. Di sogni e realtà.

In questi giorni ho pensato molto alle partenze, ai viaggi, alle mete. Ma siccome sono un abitudinario, non penso mai a visitare una città o una nazione. Ogni volta che penso ad un luogo immagino di trasferirmi lì per non tornare più indietro, come un eroe da noir. Parigi, New York, le Isole Aran, il Tennessee. Ho abitato moltissimi luoghi immaginari negli anni, e ovunque mi sono innamorato di donne bellissime e nutrito i miei occhi di paesaggi sospesi.
Tuttavia non sono mai partito.
Pensavo a questo stasera mentre osservavo Antonio cucinare nel suo locale. Antonio mi ha raccontato la fase più difficile della sua vita: la truffa subita, i debiti a cui far fronte, il peso di una famiglia da mantenere e da sostenere, le telefonate della guardia di finanza.
Antonio è davvero un buon diavolo. Ha saputo osare. È caduto. Ha saputo non crollare. E oggi può parlare serenamente di un incubo appena svanito. È un uomo che ha fatto esperienza di una rinascita.
Mentre parla cucina insieme a sua moglie e viaggiano all’unisono, senza bisogno neppure di una parola per coordinarsi. Io sono seduto in cucina che li osservo, li ascolto e bevo il mio chinotto.
In quella cucina ho la sensazione di solidarietà, di familiare.
La mia voglia di viaggiare nello spazio si cheta, mentre viaggio alla scoperta degli altri.
Mentre contemplo i mondi straordinari che si nascondono dietro persone ordinarie.

lunedì 11 luglio 2011

I volti dell'idealismo


Questa sera vi regalo un vecchietto. Un buffo vecchietto variopinto, con la barba bianca e gli occhiali tartarugati. Un buffo vecchietto intabarrato in una sgargiante bandiera della pace, che regala bandierine dell’Europa e che non riesce a farsi capire quando parla.
Ovviamente ha avuto l’accortezza di chiedere un passaggio a Benjamin Brown, e di elencare durante il viaggio tutte le nazioni della terra in cui i bambini vengono addestrati alla guerra fin da piccoli.

Se questa è dunque la fine che fanno gli idealisti, beh… in fondo poteva andarmi peggio.

martedì 21 giugno 2011

Di speranza e di amore

«La vita non è un distributore automatico in cui inserisci virtù e ottieni felicità.»

Vero. Ma incompleto.
Non si inserisce la virtù per ottenere in cambio la felicità.
Si inserisce la virtù perché è già felicità.

Fidatevi del vostro bottegaio di fiducia e ricominciate a dimenticare voi stessi.
Riscoprite l'abbandono del dedicarsi agli altri senza remore.
Ritrovate l'amore al suo stato più puro.

La felicità è già lì in attesa.

mercoledì 15 giugno 2011

Pensieri metropolitani















Un pensiero.
Per la donna bionda, vestita di rosa, che ho incrociato mentre usciva piangendo dalla metro.
Perché le sue lacrime non vadano perdute.

Un pensiero per Francesca.
La fotografa bambina.
Che scelse di morire a 29 anni per restare sempre tale.

Un pensiero per lei che soffre
nel far soffrire l'altro.
Vittima e carnefice confusi nella divisione.

Un pensiero l'umanità,
bellissima e dolente
mentre consuma le vite.

PS: si torna in bottega senza curarsi troppo delle parole. Per ora c'è la voglia, loro verranno.

lunedì 13 giugno 2011

Milano

Quando sarò a Milano mi affaccerò dalla finestra della mia camera, di notte, e poserò i miei occhi su una città estranea. Quando sarò a Milano mi chiederò ogni momento se ho riposto ad una vocazione ho sono soltanto evaso da una galera.
Quando sarò a Milano mi chiederò che faccia hanno le ragazze di Milano, e se sono più allegre di quelle di qui, o invece più tristi e spente come il cielo che hanno sopra la testa.
Quando sarò a Milano mi chiederò se è giusto che io sia a Milano. E lo farò ragionando su un mestiere che ancora non conosco e che forse non merito e forse ho sempre desiderato.
Quando sarò a Milano immaginerò ogni giorno mio padre fra i campi e piangerò. No, non perché siamo lontani fisicamente. Ma perché non siamo mai riusciti ad avvicinare i nostri cuori e le nostre teste, nonostante siamo davvero molto simili. O magari – sicuramente – proprio per questo.
Quando sarò a Milano immaginerò che la vita nel paese in cui ho vissuto fino ad oggi si sia fermata, e che in molti stiano aspettando il mio ritorno come si aspetta un giorno di festa.
Quando sarò a Milano mi sorprenderò a sperare che a nessuno importi del fatto che sono andato via dal paese, e che in pochi conservino un ricordo di me.
Quando sarò a Milano, nella mia stanza di Milano, con molte luci e molte persone e molto smog intorno, mi chiederò come fanno i milanesi a viverci, a Milano. E se hanno coscienza di posti come il mio paese, in cui si può possedere una casa fra gli ulivi per poco prezzo.
Quando sarò a Milano cercherò di capire ogni giorno perché sono finito a Milano. E mi risponderò ogni giorno che il destino degli uomini liberi è abbracciare la libertà, che spesso è anche la più pesante delle croci.

In cuor mio saprò di aver scelto bene, anche se il cuor mio sarà altrove.
Magari di fianco a mio padre, mentre semina le patate per la nuova stagione.

domenica 12 giugno 2011

L'oro bianco della memoria

Parliamo di donne, mi racconta il suo rapporto a distanza. Parliamo di donne, di regali, di richieste, di paranoie, di pazienza e di complicità. Un iPad come regalo? Caro.
- Aspetta – gli dico. Vado di là, torno con una piccola scatola di cartone.
- Che c’hai?
- Ti faccio vedere una cosa.
Dopo qualche secondo trovo il piccolo cofanetto. Lo apro davanti a lui.
- Guarda. Questo è il regalo più costoso che abbia fatto ad una ragazza. Oro bianco e brillantini.
Sorride, lo tiene fra le dita, mi chiede come mai è rimasto a me.
Sorrido, spiego, osservo l’anello fra le sue mani.

E sento qualcosa rompersi dentro, qualcosa di piccolo.
Una piccola pena mi invade, una risacca che sa di malinconico abbandono.

Mi manca. Non lei, mi manca il Benjamin che era, il Benjamin che è stato.
La sua fiducia, la sua speranza, la sua abnegazione.
La posizione in cui aveva messo l’Amore, nell’economia della vita che non conosce profitto.