Happy birthday...
Ci sono ancora. Entro, passo, spolvero e a volte metto in ordine. Se sono in forma riesco persino a portare qualcosa di nuovo da offrire ai viandanti del web.
Ci sono ancora. Entro, passo, spolvero e a volte metto in ordine. Se sono in forma riesco persino a portare qualcosa di nuovo da offrire ai viandanti del web.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 10:36
Etichette: Pinzillacchere e bottoni...
È un liquido denso e verde quello che riempie il bicchierino di plastica.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 16:21
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C’è un posto su questo mondo che contiene una cosa a me cara. Si tratta di un posto molto piccolo e di una cosa molto preziosa. È un posto che vorrei descrivere con tutti i particolari possibili, per rendere l’idea. Eppure sarebbe una perdita di tempo, perché la sua bellezza va ben oltre il suo aspetto.
È un posto molto piccolo e direi anche molto isolato. Si tratta di un antico borgo perduto in mezzo ad un bosco di castagni, in Garfagnana: una manciata di case, per lo più mezze diroccate, che si radunano intorno ad un’antica chiesa, come a proteggerla. E la chiesa – di cui non ricordo neppure la dedica – è protetta da una grande casa canonica, che è il punto specifico del mio interesse.
Una grande casa che contiene la felicità più pura di quando ero bambino. Di quando tutta la famiglia di mia madre passava il mese d’agosto riempiendo quelle stradine deserte delle proprie risate e degli scherzi, delle litigate fra gli zii e dei ritmi di una curiosa comunità. Potrei passare intere ore ad elencare i miei ricordi. Ma neppure i ricordi saprebbero rendere l’idea che voglio trasmettere. La bellezza di quel luogo va oltre i ricordi di un ex bambino.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 09:12
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Scherziamo sulla Siberia e su alcune città dai nomi impronunciabili. Ride tanto, con tutto il volto. Persino i suoi capelli bianchi sembra che ridano. La moglie sorride anche lei. Con un sorriso profondo incastonato in un grande fazzolettone rosso a pois bianchi che le copre il capo. Sembra una matrioska a dieta.
È una visita per pochi quella che intraprendiamo. Solo i nostri passi e le nostre risate spezzano il silenzio cristallino del monastero d’ottobre. Mi spiegano che sono brasiliani, nonostante parlino un italiano e un francese limpidissimi. Io non so che impressione farmi di loro: fisicamente sembrerebbero due profughi dei primi del novecento, però quando gli racconto storie mi ascoltano e partecipano. Scherziamo molto: lui fa continue e feroci battute anticlericali.
Poi io e lui facciamo una scommessa: gli garantisco che il terzo chiostro è in assoluto il più bello. Lui mi sfotte. La bellezza è soggettiva, non dovrei dire certe cose, mi dice. Ma sta al gioco, ci stringiamo la mano e varchiamo la soglia.
Il suo sguardo ingordo percorre l’ambiente, attraversa le colonnine bianche di Carrara e si fissa sul campanile, stagliato contro uno degli azzurri più puri che il creato sappia regalare.
- Es muy bonito… bellissimo…
“Incredibile – penso – gli trema la voce”. Poi l’osservo e mi accorgo che sta piangendo.
- Lindo… Extraordinàrio…
Ancora piange e io vorrei solo smettere di parlare. Sento che le mie parole possono solo sporcare questo momento. Poi mi chiede di andare avanti e così faccio, procedendo fino alla fine con tutta la passione che ho. Quindi il commiato e la sua ultima stretta di mano.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 22:08
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Uno seduto dietro la scrivania, l’altro in piedi nelle sue clark. L’Architetto mostra il suo sdegno.
- Accidenti, ma queste brochure… queste brochure… sono da-vve-ro-rre-nde. Veramente. Io proprio non capisco. Cioè, va bene il convegno, la mia collaborazione con l’associazione e tutto quanto… ma queste brochure, diamine… le ho fatte vedere anche alla collega, alla Mariotti Corsi. Anche lei davvero allibita… dice “si, ma potevano presentarlo in un altro modo… queste brochure, queste brochure…”. Misere, mediocri, pessime… non c’è che dire. Il manifesto pure pure… ma queste brochure, sant’Iddio… queste brochure…
Non sono stato accurato in precedenza.
C’è uno seduto dietro alla scrivania che ascolta.
E poi c’è l’altro in piedi nelle sue clark che parla esprimendo tutto il suo sdegno.
E poi ci sono io.
L’autore delle brochure.
Quello seduto sa e tace imbarazzato, quello che parla non sa e continua nella sua crociata.
- E poi mica vorremmo mettere queste brochure sulle sedie del convegno? No, non scherziamo. Per fortuna ci ho pensato io a realizzare queste. Guardate: questa sì che è grafica! Guardate che composizione… che geometrie, che colori… pensate, il grafico della tipografia prima di conoscere me era un totale incompetente, non sapeva fare a s s o l u t a m e n t e niente. Poi, da quando lo aiuto io… è cambiato completamente… ora le tipografie se lo litigano! Potevate farle fare a lui queste brochure, no? Ma chi diavolo ve lo ha fatto questo scempio?
- Veramente le ha fatte lui…
È divertente cogliere l’imbarazzo di una persona quando te lo aspetti da un po'. O meglio, sarebbe divertente se dopo l’attesa effettivamente arrivasse. In questo caso proprio no: dimenticavo che un rotariano non chiede scusa, non si imbarazza e – credo ma non sono certo – non defechi.
- Ah. Vabbè. Non posso farci nulla. Queste brochure sono inguardabili.
E io sono veramente stupito di me. Perché per la prima volta, davvero, non me ne frega un cazzo di quello che pensa una persona rispetto al mio lavoro. Per tutto questo lungo sfogo l’ho ascoltato sorridendo, e sorridendo ho salutato dopo il suo definitivo giudizio. Sono salito in sella alla mia moto, poi sul divano rosso della mia sala azzurra. E ho messo un album piacevole che si intitola: “Some people have real problems”.
E sto bene.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 00:10
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Li guardo.
Danzano.
Ondeggiano occhi negli occhi.
La musica scorre sotto i loro piedi banale, insulsa e ruffiana.
Danzano.
Si dicono “ti amo” con gli sguardi.
Sono raggianti.
Belli.
Come le statuine sulle torte nuziali.
Io sono un inadeguato.
Io credo che non mi sposerò mai.
Io credo che non mi sposerò mai perché non riesco a non essere coerente.
Io credo che non mi sposerò mai perché non riesco a non essere coerente, e pertanto proprio non riesco a convincermi che l’amore non sia tutta una faccenda culturale.
Lo so.
Dieci anni di matrimoni mi hanno reso cinico e – forse – baro.
Però è così.
Gaber disse una volta: «Io, per me, ogni volta che dico ad una donna “ti amo”, non so mai se è vero, e quanto. Certo, il delirio di mentire e credere è una cosa che si prende così… come il raffreddore. Questo non vorrebbe dire. Quello che per me conta è sapere quanto si finge e quanto si fa sul serio. Perché è proprio da lì, da questa pulizia del sentire, che si può trovare il coraggio di ridare un’occhiata al mondo.»
Gaber si sposò giovanissimo, in chiesa per giunta, e visse tutta la vita amando una sola donna. Forse la sola ad aver accettato un uomo che aveva un così alto rispetto per la parola amore da non saperla pronunciare senza tremare, senza provare quella vertigine, quella paura che il suo sentire più pulito fosse insufficiente ad esprimere un “ti amo”.
E allora si va, ancora si viaggia.
Cercando una donna impossibile, in grado di accettare un sentimento che forse non esiste.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 00:02
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- Daniele, a mamma, dai un bacio alla zia! Non lo vedi com’è bella la zia col vestito da sposa? Dai un bacio alla zia!
- No.
- Dai Daniele… perché fai così adesso, eh? Su, dai un bacetto alla zia così il fotografo ti fa una foto!
- No, no e no. Oh.
Imprigionato in un micro tight bianco tappato da un cappello a cilindro di raso, Daniele è un bambino davvero molto incazzato. E deciso ad una ferma resistenza.
- Ma dai Daniele… ma perché non vuoi darmi un bacetto? Guarda che zia ci rimane male…
Resisti Daniele, resisti.
- Vabbè. Danié, se non dai il bacetto a zia mamma non ti dà l’ovetto kinder. Chiaro?
Non cedere Daniele! Stanno bluffando! Non hanno nessun ovetto… non fare quella faccia, non cedere! Stanno cercando di comprarti!
- HO. DETTO. NO!
Grande Daniele! Nessun bambino aveva mai resistito con tanto orgoglio alla corruzione mezzo ovetto kinder!
- Ma guarda tu che impunito! Guarda Giacomo, guarda Giacomo invece… Giacomo, dai un bacetto a zia! Ecco, lo vedi? Ecco… ooooohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh… che beeello Giacomo che dà il bacetto alla zia!
Anche Giacomo indossa lo stesso micro tight bianco tappato dal medesimo cappello a cilindro di raso. Ma Giacomo è irrimediabilmente biondo. E quel tight sembra gli sia cucito addosso. Ed è silenzioso Giacomo. Silenzioso e ubbidiente. Un bellissimo, biondissimo, pallosissimo bravo bambino che nelle foto sembrerà un angelo. In tight. Bianco.
Mentre Daniele ha resistito, serrato nelle sue braccia conserte raccolte sotto il mento.
Nella foto di gruppo che riunisce l’esercito di bianchi paggetti e rosa paggette, gli sposi sorridono contenti ai piedi dell’altare, mentre si lasciano abbagliare dal flash. I bambini smarriti cercano con lo sguardo mamme e papà. Solo uno, con un sorriso beffardo, non si lascia cogliere impreparato dal lampo.
Nella foto di gruppo del matrimonio, in un vortice di tulle e raso, ciocche e fermagli, corpetti e nastrini, un bambino fa con inusitata veemenza il gesto dell’ombrello.
Fra le risate generali degli astanti e le sculacciate solerti dei genitori, il piccolo Gabriele è diventato il mio eroe.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 23:12
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- No, Sergio ha proprio ingranato… gli ospedali se lo so’ proprio conteso. Lo sai quanto se becca mo’, si? Più de 5mila al mese… cioè, non so se rendo…
Rendi, rendi.
- Pure Clara non se la passa male alla Unicredit. Alla fine per quello che ha fatto… lavora a percentuale, su progetti del 12-20mila euro, ti puoi immaginare. Prende il 10… cioè… non so se…
Si si, rendi.
- Io mi sono data un termine: ora prendo 2.500 al mese. Se a 30 anni non guadagno ancora 10mila euro al mese mi rimedio un calcio nel sedere per entrare in regione – come fanno tutti – e arrotondo lì. Dovessi anche darla a qualcuno. Tanto ormai funziona così. E poi 10mila al mese… capisci… non so se rendo…
La smetti con questo cazzo di “non so se rendo”? si si, rendi. Rendi perfettamente l’idea. Ho capito chi sei, cosa vuoi, cosa abita il tuo cuore. Ti auguro di ottenere tutti i soldi che desideri e ti auguro di goderteli come meglio credi. Ma ora ti prego: smetti di parlarmi. La tua esistenza è per me motivo di sconfinata tristezza, la tua scala di valori è l’antitesi di ciò in cui credo, la tua determinazione e la tua intelligenza costituiscono uno spreco a cui non c’è rimedio.
Non ti odio, né ti disprezzo. Solo non voglio ascoltarti.
Zitta, ti prego. Stai zitta.
Ho bisogno di ridere. Di ridere come Ninetto Davoli.
Ridere davanti a chi crede nel denaro.
Non ridere di loro: ridere per loro.
Sdraiandomi sulla terra, afferrando una zolla di terra, sentendo fame.
Che il cielo mi consenta di aver sempre fame.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 17:47
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- Brown ho letto i capitoli che mi ha inviato.
- Bene.
Sorride. Segno buono, immagino.
- Tutto a posto. Non ho praticamente nulla da eccepire.
- Bene professoressa, allora vado avanti così.
- Vada vada. Mi piace molto il modo in cui ha scelto di impostare il lavoro.
- Grazie.
Nel portico i ragazzi mi sembrano per la volta molto giovani. La mia tesi procede, avanza. Il portico non se ne cura: ragazze sorridenti lasciano fumare le loro sigarette fra le dita penzoloni, i ragazzi in pantaloncini corti si nascondono dietro le tracolle e i docenti fluttuano in giacca e cravatta lungo le arcate. Sembrano incapaci di produrre sudore, odore e espressione i docenti universitari.
La mia tesi avanza, insieme al mio morale stanco. Le gambe no, non sono stanche e hanno voglia di muoversi. Ho voglia di camminare, si, di camminare.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 00:52
Etichette: Stati d'Anima...
E passi una vita a tentare di non sbagliare. Come uno slalom.
Impari ad evitare una bandierina e una la prendi. Poi ne eviti due e ne prendi un’altra. Poi riesci a scansarne quattro e sei felice, è un ottimo risultato.
Poi inizi a non sbagliare più.
E ogni volta che finisci la gara con zero errori senti che sempre più persone ti stimano.
Il pubblico è entusiasta dei tuoi risultati.
E tu sei contento, contento e solo.
Entri nella mentalità di non poterti permettere più errori: il tifo del tuo pubblico è tutto ciò che hai.
Allora cominci a diminuire il numero delle gare.
Compari sempre meno, in gare sempre più facili.
E sei sempre più stanco.
E non puoi mai sbagliare.
Saggio, stanco e solo.
Non si torna indietro.
Non si sa come andare avanti.
Saggio, stanco e solo.
Cosi appari, perché questo sei.
Questo hai coltivato.
Saggio, stanco e solo.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 23:36
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- Pronto? Ben?
- Si, dimmi tutto Samuele…
- Senti… Ho un problema…
Non è curioso che l’80% delle telefonate che ricevo cominci alla stessa identica maniera?
- Spara
- Avrei da impaginare una cosa ma sto già sommerso di lavoro… non è che potresti pensarci tu?
- Di cosa parliamo?
- Un libro.
Mi piace Samuele. Parla poco ma con precisione. E non dice mai più del necessario.
- Ma io non so impaginare un libro… al massimo ho fatto calendari…
- Beh, non penso lo troverai difficile…
- Vabbè dai, passo più tardi in tipografia allora?
- Si, penso che sia il caso. Anche perché il cliente vorrebbe il libro finito fra una settimana.
- Porca Eva…
Perché vanno sempre tutti di fretta? Che cazzo c’hanno da fare che corrono sempre tutti? E soprattutto: perché mi tocca sempre adeguarmi alla dannatissima fretta degli altri?
Ho davanti il materiale. 467 foto d’epoca digitalizzate. Mi rendo conto con una certa velocità che impaginare un libro fotografico è un’impresa piuttosto alienante, che diventa in poco tempo una questione meramente meccanica.
Copia, correggi, incolla.
Didascalia.
Copia, correggi, incolla.
Si compone pagina dopo pagina questo strano mosaico. Si compone davanti ai miei occhi questa memoria visiva di un paese, Riverbano, a pochi chilometri da qui. Si compone attraverso i ritratti di vecchie contadine degli anni venti e borghesi cravatte dei golden sixties, adunate di incoscienti figli della lupa e matrimoni giocosi. Si susseguono infiniti bambini, donne e uomini che hanno abitato e dato vita ad un fazzoletto di terra più piccolo di un quartiere romano. Sono tantissime le coppie di occhi che hanno visto morire i propri genitori e crescere i propri figli e nipoti.
Tanto fa l’uomo che alla fine sparisce.
Mi confonde.
Tutto questo andare, questo essere una molecola dell’humus di una comunità mi atterrisce e mi confonde. Eppure è vita. E tu non puoi farci nulla. Perché già nel momento stesso in cui scrivo queste righe sono parte di quell’humus, ingenuamente e presuntuosamente ossessionato dal volerne essere esentato.
Come ha fatto tanta gente a vivere un’intera esistenza senza lasciare altra traccia del suo passaggio che non fosse quella custodita dal dna della propria stirpe? E soprattutto: come faceva questa gente, queste intere generazioni di viandanti ormai passati, a vivere serena? E ad essere persino felice, a giudicare da alcune foto?
Ci sono giovani che ammiccano dietro una sagoma di cartone che riproduce una spider stilizzata. Militari che mi sorridono dalla Grecia del 1943. Ci sono donne che ridono in mezzo ad un campo, con i falcetti in bella mostra. E ancora pretini di campagna che conducono orgogliosamente il gregge sorridente verso un pellegrinaggio.
Da quand’ero dodicenne su una parete della mia cameretta appesi un orrendo poster nero con una scritta in stampatello bianca.
Solo in questi giorni mi è tornata in mente, sotto una nuova luce.
E il suo senso non mi dà tregua.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 01:03
Etichette: Les petite histoires
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 18:47
Etichette: Stati d'Anima...
- Ben, il film dell'altra sera... cioè, so' dovuta andare via per non mettermi a piangere...
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 19:21
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... Sulla mia pietra si potrebbe scrivere:
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 12:39
Etichette: Se morissi...
Mi sono regalato un buon film per il giorno della memoria. Ho visto "Train de vie", che è pellicola sincera, vitale e anche un poco ruffiana. E' un film molto bello che metto volentieri nella vetrina della bottega.
– Schloime, perché sei tu il matto?
– Per caso. lo volevo fare il rabbino, ma il posto era già preso. Visto che mancava il matto, ho pensato: "Fai il matto, se no lo fanno loro. Fallo al posto loro".
– E non ti senti un po' solo?
– Oh no, non sono i matti che mancano...
– No, intendevo una donna. Perché non hai moglie, Schloime? Dei bambini, una casa?
– Ah no, non sono mica matto... (pausa) Li avrei amati troppo… sarei morto d’amore. Impazzito...
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 23:55
Etichette: Odi et amo
Quand’ero bambino, non so se capitava anche a voi, non riuscivo a fare a meno di condividere una cosa che credevo bella. Mi chiedo se in effetti sia proprio dell’essere umano cercare di condividere con le persone le cose che gli danno gioia, non lo so. Non l’ho mai capito.
Io sono un appassionato. Non un genio né un fanatico. Solo un appassionato. Di cinema, letteratura, pittura e fotografia in un paese che da almeno cinquant’anni non possiede un cinema, un teatro, una libreria, un museo.
Sapete cosa significa per una comunità non possedere tutto ciò per un periodo così lungo? Significa generazioni cresciute senza sapere come si legge, come si vede un film, come si osserva.
Per me significa solo sentirsi soli.
Ma attenzione. Questo post non è uno sfogo depressivo. È una dichiarazione di resistenza.
Anche questa sera ho aperto la saletta della biblioteca, spento le luci e acceso il proiettore. Anche questa sera sono venute non più di quindici persone a vedere il film settimanale.
- Ben, l’hai scelto tu questo film?
- Diciamo che l’ho caldeggiato…
- Ma che film è?
- È un film israeliano molto…
- Se, ho capito va…
- Dico davvero! È un film molto bello. Essenziale ma molto umano…
- Se, vabbè… ma perchè non fate mai quelli dei Vanzina? Daje su, manna che sennò ce stamo qua tutta la sera…
Poi succede che accendo il proiettore. E quando lo accendo su una pellicola che ho amato inizio a chiedermi se piaccia alla gente immersa nel buio. Percepisco gli sbadigli e le caramelle scartate, i bagliori degli sms e le parole sottovoce. Qualche risata. Poi il responso, che è sempre il solito.
Scorrono i titoli di coda.
- Ben… si carino… beh, insomma…
- Ben, poi me lo spieghi, eh?
- Ben, ma che ca… ma che film hai messo??
- Ben… io il senso mica l’ho capito, eh… cioè… si, però…
Ed è una lunga processione di voci al buio che mi stringono la mano, mi danno pacche sulle spalle e raggiungono la via di fuga nel più breve tempo possibile.
Mentre scorrono i titoli di coda.
Scorrono sull’ending che è sempre una musica molto bella.
A me, la musica dei titoli di coda, mi fa sempre incazzare.
La gente sembra venire al cineclub per fare un piacere a quel rompicoglioni di Benjamin Brown. O con l’animo con cui si va a messa la domenica, tanto per pulirsi la coscienza. Ce ne fosse uno che accetti, una volta, una sola volta, di abbandonarsi a ciò che vede.
Ci fosse uno che permette al film di raccontargli una storia. Mi piacerebbe anche solo che ci provasse...
Ci fosse una, una sola persona con cui condividere.
Resistere, resistere, resistere.
La buona notizia è che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
E io sono un coltivatore in un paese di merda.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 00:27
Etichette: Stati d'Anima...
Poi, improvvisamente, accorgersi spaventati di essersi spenti.
Fuoco, fiamma, candela. Fumo.
Quando si nasce viandanti il proprio destino è segnato: si cammina. E quando si è stanchi, molto stanchi, viene naturale camminare a testa bassa. Il naso puntato a terra e gli occhi che assistono il ritmo imperterrito e simmetrico dei piedi.
Ma quando si è stanchi, molto stanchi, se non si rialza il capo si rischia di perdere la direzione.
Quello che è successo a me.
Ho camminato talmente a lungo col capo chino da non accorgermi dei piedi che sprofondavano nella sabbia, non ho fatto caso al troppo silenzio, né alle stelle. Non mi sono accorto di essermi perso nel deserto.
Siete mai stati nel deserto? Io no. Però sono stato così incosciente da crearlo, il deserto.
E proprio in questi giorni, alzando gli occhi ho visto il nulla intorno a me.
Ho provato uno sconforto grande come il deserto stesso nel sentirmi perso e solo, stanco e perduto. Ho pensato di essere diventato cieco a forza di non osservare, sordo per non aver più suonato e pazzo per non aver più scritto. Ho pensato che persino il mio cuore si fosse atrofizzato, dopo anni di non amore.
Ho guardato dietro le mie spalle per vedere le mie orme cancellate dal vento e sono caduto in ginocchio. Volevo urlare ma il fiato si spezzava nella mia gola. Ho sperato di addormentarmi in un sonno eterno e farmi sabbia, e quindi abbandonato ai capricci del vento spargermi in ogni direzione possibile.
Il deserto è il luogo in cui il viandante affronta il nemico dai suoi stessi occhi.
E la cosa completamente spiazzante è stata accorgersi di quanto sia illusorio questo andare. Camminare tutta la vita inseguendo una meta, senza riuscire mai a coglierla. E non riuscire a coglierla perché la meta siamo noi stessi. Si può veramente passare una vita a cercare se stessi? Sarà mai possibile amare una persona, o dieci, o mille… senza prima aver capito, senza prima aver raggiunto l’unità dentro se stessi? Si può continuare a fare e disfare senza sapere chi si è?
Credetemi, in tanti anni di viatico non avrei mai immaginato quante forme potesse assumere il deserto, né avrei mai creduto all’idea di quanto feroce potesse essere il deserto dentro se stessi…
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 00:31
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Dopo due anni conosco ormai tutti quelli che seguono la messa delle 9.00. Li aspetto sulla porta e so distinguerli dai turisti: quasi tutti hanno il passo svelto, sessant’anni e l’occhio a mezz’asta.
Non è facile alzarsi la domenica mattina. E a onor del vero anche io ho l’occhio a mezz’asta…
- Buongiorno Signor Carlo.
- Benjamin! Tutte le feste ti fai, eh?
- Sempre signor Carlo!
E tutti scompaiono dietro la porta.
- Come andiamo signor Luigi?
- Eh…
- Ma insomma, non mi risponde mai bene!
- Eh… Benjamin, ti ho mai raccontato della morte di mio nonno?
Ogni domenica mattina il signor Luigi mi racconta un episodio della sua famiglia.
- Ben, sempre qua stai, eh?
- A ognuno il suo zi’ Marì…
- E vabbè, finchè stai in grazzzia deddio… tiè, che te servono pe’ la voce…
Ogni domenica mattina zia Maria mi benedice con una manciata di caramelle alla menta.
- Dove eravamo rimasti l’altra settimana Ben? Ah si, gli equi…
- Si, mi pare…
- Allora hai presente la contrada della scaragna? Lì dove ha la terra il Roscio?
- Mi pare, si… (in realtà non ne ho idea)
- Ecco, lì quando il compare scavò le fondamenta vennero fuori i resti dell’ultimo insediamento degli equi. Che poi…
Ogni domenica il professor Giuseppe mi racconta un pezzo di storia del paese attraverso i ricordi dei suoi parenti.
Direttamente dall'iperuranio di Benjamin Brown alle 00:21
Etichette: Stati d'Anima...